Le Mura di Santo Stefano ad Anguillara Sabazia

Area archeologica ad Anguillara Sabazia

L’area archeologica delle ‘Mura di Santo Stefano’ era originariamente collegata alla vicina via Clodia da un diverticolo stradale che ad essa si congiungeva in località Sortilunghi.

La Villa Romana

Il complesso è formato da una struttura residenziale datata intorno alla metà del II secolo d.C., da una cisterna e dai resti di un’abside appartenuti ad una chiesa alto-medievale dedicata a S. Stefano, dal quale l’area prende il nome.

Precedentemente il poggio su cui sorge il complesso venne occupato da una fattoria, la cui esistenza è comprovata dal ritrovamento di pochi frammenti ceramici e da un dolio destinato alla conservazione di derrate alimentari, visibile nella fondazione della struttura principale.

Durante la successiva fase edilizia (quella attualmente visibile) l’area venne occupata da un edificio rettangolare di 18 metri di larghezza e 22 metri di lunghezza. Nonostante il crollo del tetto e dei solai, è ancora possibile identificare tre distinti livelli collegati tra loro da un vano-scala quasi completamente crollato. L’analisi dell’impostazione architettonica e lo studio del rivestimento laterizio permettono di identificarlo come l’unico esempio di architettura laterizia policroma presente fuori Roma.

La Struttura

Il fabbricato è stato edificato in opus caementicium e rivestito esternamente in opus testaceum con l’uso di mattoni policromi gialli, rossi e brunati, la cui cortina fungeva essa stessa da decorazione. L’esterno dei due lati lunghi, infatti, era decorato da cinque paraste corinzie in laterizio rosso a scandire gli spazi su ogni livello (materiale usato anche per le ghiere delle finestre), mentre le restanti parti murarie erano decorate da laterizi di color giallo e giallo-arancio. Questo tipo di decorazione si sviluppa a partire dalla seconda metà del II secolo d.C. soprattutto nell’architettura sepolcrale di piccola scala. La decorazione dell’edificio di S. Stefano infatti può essere accostata a quella della tomba di Annia Regilla presso la via Appia datata tra il 160 e il 180 d.C.

La pianta è formata da un ambiente quadrato con al centro quattro pilastri che sorreggevano altri due piani e da un vestibolo rettangolare formato da logge ai piani superiori. Gli ambienti interni erano rivestiti da crustae marmoree ed intonaci policromi, come evidenziato dai molti frammenti rinvenuti durante le campagne di scavo della British School at Rome alla fine degli anni ’70 del secolo scorso.

A chi apparteneva

Il complesso, in mancanza di fonti e iscrizioni, è di difficile attribuzione ma non è possibile ipotizzare che possa essere appartenuto, almeno per questa seconda fase edilizia, ad un personaggio di alto lignaggio, trattandosi di un edificio prettamente residenziale.

La Cisterna

Nelle immediate vicinanze sono visibili i resti di una cisterna costruita in opus caementicium rivestita in opus vittatum di forma quasi quadrata (6,5 m. x 6 m.) con porzioni murarie che raggiungono attualmente i 3,5 metri di altezza. All’interno la struttura presenta tracce del cosiddetto opus signinum, rivestimento creato appositamente per rendere impermeabile l’interno delle strutture destinate a contenere l’acqua. Sulla sommità delle pareti sono ancora visibili gli attacchi di copertura della volta a crociera, tecnica utilizzata anche per la copertura di altre cisterne più famose come quella rinvenuta presso la Villa dei Quintili sull’Appia e nel complesso degli Horti Sallustiani, già identificata nelle fondazioni della sede del Collegio Germanico-Ungarico.

La frequentazione dell’area è attestata fino alla fine del IV secolo d.C., ma già a partire dal secolo successivo l’edificio principale venne esternamente stravolto con lo scavo di un fossato e la tamponatura delle finestre del piano terra, allo scopo di creare una fortificazione efficace per respingere eventuali attacchi all’epoca delle invasioni barbariche. In seguito ad un periodo di abbandono l’area venne nuovamente frequentata con la costruzione di una chiesa, avvenuta intorno al IX secolo, le cui tracce consistono in avanzi di un’abside e poche porzioni murarie perimetrali. La pianta dell’edificio, quasi quadrata, mostra similitudini con la chiesa di S. Cornelia sorta nella domusculta di Capracorum fondata da papa Adriano I nel 780. L’edificio, che presenta una cortina di rivestimento laterizio alternata a blocchetti di tufo, venne abbandonato intorno XI secolo.  Durante gli scavi è stato possibile accertare che la chiesa poggia le sue fondazioni su precedenti strutture di epoca romana e che l’abside ancora visibile è soltanto l’ultima delle tre fasi costruttive della chiesa, datato all’XI secolo.

La storia contemporanea

In seguito ad un ulteriore periodo di abbandono, l’area venne nuovamente riutilizzata come cimitero nel XIX secolo, in seguito alle epidemie di colera scoppiate nel 1856 e nel 1867 (emblematica la piccola croce in pietra visibile sull’architrave di una delle entrate dell’edificio principale poi murata). Negli anni ’90 venne avviata una campagna di ristrutturazione e consolidamento di alcune porzioni murarie dell’edificio principale, lungo la parete del vestibolo d’ingresso e presso la facciata principale, ma tralasciando la parete retrostante che rimase molto danneggiata in seguito ad un disastroso crollo avvenuto nel 1965.

 

Testo a cura di Paolo Lorizzo

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